Un recente studio indica come la musica “libera” da DRM andrebbe ad aumentare le vendite e i guadagni anche del 10%.
La Free Software Foundation, fondata da Richard Stallman, da anni si impegna nella libertà del software cercando di diffondere soluzioni libere da restrizioni anti-copia e da altre limitazioni.
In questi anni la Free Software Foundation si è battuta anche per la rimozione dei DRM ossia sistemi di protezioni nei contenuti multimediali, la cui rimozione potrebbe portare anche dei guadagni da parte delle stesse case discografiche. Lo conferma un recente studio svolto dalla ricercatrice Laurina Zhang dell’Università di Toronto in Canada, indicando come i brani rilasciati senza DRM abbia aumentato le vendite portando cosi più guadagni da parte degli artisti e case discografiche.
In questi anni la Free Software Foundation si è battuta anche per la rimozione dei DRM ossia sistemi di protezioni nei contenuti multimediali, la cui rimozione potrebbe portare anche dei guadagni da parte delle stesse case discografiche. Lo conferma un recente studio svolto dalla ricercatrice Laurina Zhang dell’Università di Toronto in Canada, indicando come i brani rilasciati senza DRM abbia aumentato le vendite portando cosi più guadagni da parte degli artisti e case discografiche.
La ricerca ha messo a confronto i dati di vendita di alcuni brani presenti sia con DRM che senza protezione, confermando che la musica senza “lucchetti digitali” abbiamo portato maggiori vendite confronto quella protetta del 10% circa.
Stando la ricerca i brani che hanno riportato maggior guadagno (con aumenti anche del 30%) sono stati quelli meno venduti inseriti nella cosiddetta coda lunga, confermando quindi la teoria che secondo la quale abbassare i costi di ricerca può facilitare la scoperta di prodotti di nicchia, da notare inoltre che la musica “libera” aiuta nuove band, artisti ad entrare nel mercato, dato che i brani senza DRM sono più condivisi di quelli protetti.
In questa pagina troverete l’intero svolto dalla ricercatrice Laurina Zhang.
Stando la ricerca i brani che hanno riportato maggior guadagno (con aumenti anche del 30%) sono stati quelli meno venduti inseriti nella cosiddetta coda lunga, confermando quindi la teoria che secondo la quale abbassare i costi di ricerca può facilitare la scoperta di prodotti di nicchia, da notare inoltre che la musica “libera” aiuta nuove band, artisti ad entrare nel mercato, dato che i brani senza DRM sono più condivisi di quelli protetti.
In questa pagina troverete l’intero svolto dalla ricercatrice Laurina Zhang.
Ringrazio Carmela B. per la segnalazione.